Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità
giovedì 23 ottobre 2008
174. Solo attraverso la memoria sopravive il tempo
La musica (tradizionale) si serve di un certo numero di regole per i collegamenti tra le unità sintagmatiche di una stessa catena (regole concernenti la condotta melodica, il ritmo, il metro) e di altre ancora (più rigorose) per raccordare tra loro più catene sintagmatiche (regole di contrappunto, di armonia), di altre infine (del tutto generali e generiche) per definire i rapporti tra le parti e il tutto (regole concernenti le forme e gli insiemi di forme). Gli oggetti particolari su cui agiscono le regole non si danno tuttavia una volta per tutte, ma sono il luogo dove per primo s’incontrano e si stagliano l’una sull’altra convenzione e invenzione individuale. Non avendo un vocabolario, non parole (strutturalmente congelate) né significati da produrre, la musica aggiorna le sue leggi ogni volta che intraprende un discorso (ogni volta che si costituisce a ‘opera’). Ma allora come essa dà a riconoscere i suoi contenuti, come impone all’attenzione degli ascoltatori gli oggetti semiologici con i quali discorre? Non altrimenti che attraverso la ripetizione (integrale, variata, ripartita tra i vari parametri), che anche qui si rivela come l’unica possibile articolazione psicologica del tempo (che, se nulla vi accade di riconoscibile o almeno di confrontabile, scorre monotono e indistinto, cioè non scorre, ristagna). L’illusione di una ‘temporalità musicale irreversibile’ (Boulez), in quanto mette fuori gioco la memoria, equivale alla distruzione del tempo, quindi anche della sua prima abitatrice, la musica. E se questa morte nonostante tutto (Stockhausen, Boulez, Cage) non avviene, è perché quell’articolazione del ricordo ce l’aggiunge l’ascoltatore.
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