Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità


venerdì 24 ottobre 2008

217. Trasformazione della trasformazione

Lavorare politicamente sul mondo cosí com'è. L’ipotesi di lavoro più credibile e feconda è la realtà attuale. Lavorare su, dentro e con le strutture esistenti (con strumentale, non di compagnia). Per modificarle. Ma anche per modificare noi stessi. Una politica che crede di poter opporre a una falsità la verità, sclerotizza quest’ultima a ideologia, cioè alla falsità di domani. La verità politica è nella trasformazione (e ciò sapevano altrettanto bene sia Marx che la società borghese-capitalista, sua migliore allieva): trasformazione delle strutture esistenti, trasformazione della spinta sociale che le trasforma. Si parla spesso in ambiente marxista (marxista-leninista) di cultura alternativa: basta la prospettiva di pochi anni perché il panorama di una qualsiasi cultura appaia articolato in una pluralità di situazioni, di eventi interconnessi e per nulla alternativi gli uni agli altri, perché il concetto stesso di cultura si riveli come astrazione metodologica di un processo trasformazionale che coinvolge, seppure in varia misura, tutti i momenti costitutivi della società. L’opposizione semplice e inarticolata al sistema ne sancisce (e contrario) una sorta di dignità metafisica che esso non possiede, ma soprattutto condiziona se stessa all’immobilismo (presunto) di quello. E mentre quello in realtà si muove e si trasforma, questa resta stazionaria, cioè, in base alla relatività galileiana, regredisce − a tutto vantaggio di quello. Di cui va invece considerata positivamente la trasformabilità, proprio per servirsene e segnare una nuova direzione. Che a sua volta non è in linea retta con il sole, bensì è un vettore variabile, il cui orientamento per definizione (cioè per accordo convenuto tra gli uomini) si chiama progresso.

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