Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità


venerdì 24 ottobre 2008

206. Equivoco mantenuto in vita

Si obietterà alla chiusa del capoverso precedente che la musica ci si presenta ovunque altamente razionalizzata e sistematizzata, che la musica come irruzione dell’irrazionale è un concetto d’antiquariato. Si risponde che, è vero, anche la musica ha sviluppato, forse per induzione, molte caratteristiche del linguaggio verbale, cosí in primis delle grammatiche, delle sintassi, delle retoriche o almeno dei sistemi di regolamentazione che a quei livelli normativi possono ricondursi. E infatti, entro tali limiti, sono possibili buone descrizioni del linguaggio musicale, come dimostrano per esempio le teorizzazioni dell’armonia, del contrappunto, delle retoriche formali nella musica d’Occidente. E forse proprio questa possibilità di individuare livelli grammaticali e sintattici ha contribuito a mantenere in vita l’equivoco di una musica strutturata e funzionante come una lingua parlata. Laddove i livelli attinti dai trattati musicali sono assai più superficiali che non quelli su cui si collocano la grammatica e la sintassi della parola. Il fatto stesso che il messaggio musicale non è dissociabile dal suo significato (non sono pensabili due strutture musicali diverse che abbiano lo stesso senso) implica la necessità di trattare la dimensione semantica (che preferisco sostituire con il più generico concetto di ‘utilizzazione mentale’) a tutti i livelli dell’analisi semiologica. Cosa di cui l’analisi delle lingue verbali può fare a meno, e di cui la trattatistica musicale, che non potrebbe farne a meno, ignora invece perfino i presupposti. I quali, giova ricordarlo, non vanno ricercati solo sul piano delle definizioni razionali, ma coinvolgono la condizione umana, l’etologia dell’homo sapiens nella sua non ancora distinta e catalogata complessità.

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