«Non si tratta di ricominciare, si tratta di trovare un modo per finire» (Aldo Clementi).
Finire che cosa? Che cosa finisce? Per molti –cosí per buona parte delle avanguardie musicali– ciò che finisce è la musica, la musica come organizzazione significante di suoni, come discorso, come produzione di testi, come cultura. La sua fine è il rifiuto all’articolazione, al privilegio della distinzione, è il riflusso dell’organico nell’amorfo, la mimesi del ritorno al caos, che per una nota legge fisica non è ritorno ma progresso. Forse invece: ciò che si vede finire è la musica, ma solo in quanto elemento di una struttura ideologica di cui per contro si stenta ancor oggi a scorgere la finitezza. Forse non sono piú valide o almeno cominciano a mostrare la corda le categorie alle quali si sogliono riferire quel certo oggetto di conoscenza e quella certa attività produttiva che chiamiamo musica. E per un errore ottico che frequentemente si dà nel corso della storia, lo sbiadirsi di una griglia concettuale viene scambiata con la sparizione dell’oggetto. Il che potrebbe anche non essere un errore, se non fossimo in grado (ma lo siamo, lo siamo sempre stati) di ricostituire l’oggetto definendolo per mezzo di una nuova griglia concettuale. Possiamo quindi anche accettare la morte di quella musica di cui si narra in un testo ideologico ormai corroso da ogni parte, difficile da decifrarsi. Domani, forse, un competente ufficio del restauro ce lo restituirà come oggetto di analisi e di storia e vi ritroveremo la musica dei nostri anni giovanili, di quando non ci eravamo ancora accorti di nulla. E l’epicedio andrà a quegli anni, veramente finiti, non alla musica, al cui nuovo concetto si comincia a lavorare.
La disgregazione dell’oggetto tradizionale ‘musica’ è conseguenza della recente, patologica accelerazione del processo analitico-critico che normalmente accompagna e riflette nella coscienza il processo produttivo. Il meccanismo di controllo sfugge esso stesso al controllo e si rivolta contro l’oggetto controllato, produce la morte per asfissia. Per la semplice ragione che strutture controllate e strutture di controllo sono interne a uno stesso sistema ideologico, cui non è dato di controllare se stesso. La critica alla musica come linguaggio e la musica stessa, anche quando accoglie questa critica e si rifiuta al linguaggio, fanno parte ambedue di un discorso che si svolge in un ambito categoriale definito da concetti sostanzialmente inanalizzati. Oggi è tuttavia già operante una critica esterna a tale spazio, che cioè ne indica i l¬miti e che, se denuncia anch’essa la fine della musica come parte di quel discorso, denuncia però anche la fine della critica interna ad esso.
Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità
venerdì 3 ottobre 2008
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