Oggi si ‘compongono’ non più solo suoni (codificati o no) ma situazioni musicali comprensive di tutti gli elementi concorrenti: suoni, canali di comunicazione, individui, società. Forse ciò accadeva anche in passato, solo che la preminenza dell’organizzazione semiologica (linguistica) dei suoni obliterava in gran parte le funzioni sociali, cosicché si è giunti a parlare della musica (e della cultura in genere) come di un fatto sovrastrutturale. L’attuale sgretolamento dei sistemi semiologici ha messo allo scoperto (spesso per negazione) la sottostante matrice politico-sociale.
Ma chi compone oggi musica (e società)? La figura istituzionalizzata del compositore, colui cui la società ha demandato l’incarico di produrre il discorso musicale in cui essa dovrà riconoscersi, è oggi in evidente declino. Comporre musica è sempre meno un’attività specialistica e sempre più cosa di tutti (come già innumerevoli altre volte è stato), in quanto tutti sono partecipi del circuito comunicazionale la cui totalità si dice appunto ‘musica’. Ciò non esclude affatto: 1) il caso limite del sottoinsieme ridotto a un individuo, il compositore appunto; 2) la diversa utilizzabilità dei risultati dei processi compositivi, da ultimo la loro diversa qualità (possibilità di un’estetica); 3) la diversa portata informativa dei parametri in gioco, quindi, ancora una volta, la condizione-limite della musica ‘pura’. È cioè senz'altro pensabile il caso di un musicista ‘tradizionale’ che compone (o ritiene di comporre) soltanto suoni; solo che per essere ‘buon musicista’ dovrà sapere del luogo, piccolo ed estremo, assegnatogli nel mondo.
Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità
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