La nostra (obiettiva) condizione di diseredati del linguaggio ci offre questo unico vantaggio; che possiamo servirci dei piú diversi sistemi semiologici, possiamo osservarli dall'esterno, senza essere condizionati (ideologicamente) da nessuno di essi. Naturalmente, c'è da chiedersi se la comunicazione, la vita associata, la vita tout-court sono possibili esternamente a ogni linguaggio. Poiché, comunque, viviamo, come singoli e come società, in direzione dell'unificazione planetaria (né potremmo fare diversamente, pena l'estinzione), ciò potrebbe voler dire che anche le nostre lingue in tanto potranno sussistere in quanto vengano ricondotte ai loro presupposti archeologici (in senso foucaultiano), a quella sorta di universale linguistico la cui fondazione metodologica è il compito del nostro tempo. In questa situazione la musica fa una volta tanto da battistrada, giacché offre condizioni singolarmente vantaggiose, proponendosi come banco di prova per la sperimentazione produttiva e analitica (produzione e analisi di complessi semiologici che in un certo senso si autogestiscono). Ne consegue l'opportunità di uno studio generalizzato della composizione e dell'analisi musicale, che dai complessi 'autogestiti' si rivolga man mano a quelli 'eterogestiti', gestiti cioè da codici aventi ben individuabili radici nelle società storiche.
Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità
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