Inquisizioni Musicali II - Boris Porena [1975] - Testi di inessenzialità


mercoledì 2 gennaio 2008

Prefazione

Agli amici e colleghi del Sindacato Musicisti Italiani


L’insieme di osservazioni, considerazioni, proposte, risposte –a interlocutori veri o fittizi–, qui raccolte sotto il titolo di Inquisizioni musicali II, si è venuto formando durante il 1972-1973, in buona parte come reazione individuale a un’esperienza di lavoro collettivo svolto nell’ambito del Sindacato Musicisti Italiani (SMI). Molti dei numeri non sono altro che una personale trascrizione di idee emerse nelle discussioni, ufficiali o private, tra amici e colleghi dello SMI. Due nomi soprattutto vorrei fare, e sono quelli di Carlo Marinelli e Andrea Mascagni, se non altro per le molte occasioni di incontro e il maggior debito ‘ideale’ che mi lega a loro. Altri numeri di queste Inquisizioni (mi si perdoni l’affettività del titolo borgesiano) sono una diretta conseguenza delle mie esperienze di insegnante e di ‘provocatore’ musicale: documenti di questa attività sono contenuti nell’appendice, con la quale ho voluto appunto esemplificare il fondamento pratico di quelle che ad alcuni potrebbero apparire astratte e oziose speculazioni.

Ecco ora un breve commento d’autore, valevole anche come istruzione per l’uso (un libro come questo ha senso solo se, piú che letto, viene usato come oggetto mentale da aggredire, rimodellare, distruggere, ricomporre).

Le Inquisizioni musicali II (che seguono a una prima serie, composta però soltanto di note musicali) descrivono con eccessiva approssimazione la cronologia di un itinerario mentale, anzi di una pluralità di itinerari intrecciati, le cui direzioni non sempre coincidono con quella di una normale lettura, pagina dopo pagina.
Ne consegue che non i punti di arrivo contano (cheforse non ci sono) e neppure gli itinerari (che forse non sono ricostruibili), ma soltanto i punti di sosta –i singoli numeri–, da ognuno dei quali il lettore può partire per un proprio itinerario, magari anche volto alla cancellazione di quello già percorso.

Tracce di una univoca direzionalità cronologica restano in alcune serie di varianti concettuali, per esempio il binomio riconosco-distinguo (70), poi trasformato in trinomio associo-riconosco-distinguo (87 sgg.), quindi nuovamente posto in dubbio come trinomio (90).

Non mancano, anzi sono in certi casi (per esempio a proposito di musica e politica) frequenti i ritorni, le riprese, perfino le ripetizioni – quando da esse si parte per vie differenti. Talora una lieve variante di enunciazione può indurre anche nel lettore una reazione affatto diversa ed è questa in definitiva che conta, non l’enunciato in quanto tale. In quest’ordine di idee appaiono –spero– tollerabili le numerose contraddizioni che ho preferito segnalare anziché tentar di risolvere. Alcune di queste sono reali, come tra 126 e 129, dove una volta si dice che è scorretto distinguere tra oggetto e struttura del discorso, poi si cerca di chiarirne la diversità; altre sono solo apparenti, come tra 235 e 240, dove il ‘potere’ viene descritto, prima come abile, poi come incapace gestore della musica (tra le due qualificazioni c’è un cambiamento di punto di vista: interno al ‘sistema’, prima, esterno ad esso e ‘rivoluzionario’, poi). Nessuno dei numeri pretende di essere un enunciato di verità. Il lettore potrà aggiungere un punto interrogativo ovunque lo riterrà opportuno.

Piú importanti delle parti scritte sono gli spazi bianchi tra i numeri: luoghi di possibile intervento del lettore. Nulla o poco è da ricordare; tutto da sviluppare.

I numeri in francese (nati da immediata polemica con l’interlocutore, vero o fittizio) e, piú ancora il 266 (in tedesco e di argomento non musicale) sono inessenziali all’insieme.

Tutti i numeri sono inessenziali all’insieme. Le Inquisizioni musicali (I e II) sono testi di inessenzialità.

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